Il rigetto delle istanze di sospensione dell’atto impugnato presso le Commissioni Tributarie non è assolutamente da considerare indice di efficienza delle Commissioni stesse, in quanto in realtà è indicazione non solo di inefficienza, ma fonte altresì di potenziali gravi danni che possono essere prodotti sia a carico del contribuente, sia a carico del Fisco e per i motivi di cui in seguito viene accennato.

Nell’ipotesi di accoglimento dell’istanza di sospensione, l’udienza di merito deve essere fissata entro 90 giorni dalla concessa sospensione. Sarebbe a dire che nel giro di circa 6 mesi il contribuente ed il fisco vengono a conoscere l’esito finale del ricorso con notevole rapidità, tutto a vantaggio della certezza del diritto e di quella concretizzazione del giusto processo da tante parti auspicato e mai realmente perseguito.
Nel caso, invece, del rigetto apodittico della sospensione, l’impulso del processo è affidato alle istanze di parte. E cioè, se il ricorrente ha interesse a far definire la sua controversia con il Fisco, presenta immediatamente l’istanza di fissazione dell’udienza di merito, altrimenti si guarda bene dal presentare istanze di sollecito, poiché magari gli conviene versare il 50 % dell’imposta pretesa, con l’ottenimento di un differimento di fatto sine die del rimanente 50 %.
In altre parole, la concessione della sospensione obbliga il Giudice Tributario a lavorare intensamente, poiché dopo la concessione della sospensione, deve provvedere ad istruire e decidere nel merito la controversia, che spesso diventa impegnativa al punto tale che non vale approfondirla per quella misera indennità spettante al relatore ed alla Commissione, a meno che questi soggetti non svolgano la loro attività per passione o per spirito di Giustizia. Quindi, quando la controversia è di notevole rilevanza economica e/o di notevole difficoltà, la soluzione più facile è quella del rigetto della sospensione, alla Ponzio Pilato maniera.
Sulla sospensione dell'atto impugnato, dispone l’art. 47 del D.L.vo 31.12.1992, n. 546:
“ 1°comma. Il ricorrente, se dall'atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può chiedere alla commissione provinciale competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto stesso con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificato alle altre parti e depositato in segreteria sempre che siano osservate le disposizioni di cui all'art. 22.
2. 3,4 e 5 comma omissis
6°comma. Nei casi di sospensione dell'atto impugnato la trattazione della controversia deve essere fissata non oltre novanta giorni dalla pronuncia .”
Quindi, la norma parla di “danno grave ed irreparabile” e pertanto non parla né di fumus boni iuri, né di periculum in mora, per cui, per es., per un pensionato con 450 euro al mese di pensione, diventa grave ed irreparabile anche una somma da pagare, magari di soli 100 euro, altro che non dovuta concessione della sospensione in presenza di controversie di cifre almeno di 4000 o 5000 euro.
Come si fa a non concedere la sospensione nell’ipotesi di tasse di possesso automobilistiche pretese, a fronte, per es., di veicoli rubati o distrutti a seguito di incidenti stradali allorquando tale circostanza è nota allo stesso PRA da vari anni ? Come si fa a non concedere la sospensione su atti errati che l’Ufficio impositore, ignorando lo “Statuto del Contribuente” e la legge n. 241/990 sulla “ trasparenza” si ostina a non riconoscere nella convinzione che agire in autotutela è un peccato mortale, per cui se al contribuente non gli sta bene, facesse il ricorso con somme notevoli da sborsare, senza il riconoscimento del “gratuito patrocinio” e con la comune prassi applicata dalle Commissioni Tributarie di compensazione di spese a carico del malcapitato e sfortunato ricorrente, che spesso rinuncia a priori al ricorso.
E possono portarsi numerosi esempi di ingiustizie accadute realmente, con abbandono del recupero di somme pagate e che poi sono risultate non dovute a seguito di sentenze emesse ben oltre 10 anni dalla proposizione del ricorso, ingenerando nel cittadino quella sfiducia nelle istituzioni di Giustizia, tipo Tribunali civili e penali, ecc.
Ecco perché il concedere la sospensione dell’atto impugnato non è una agevolazione per il ricorrente, né per il Fisco, ma è un impegno di efficienza delle Commissioni Tributarie, che al pari dell’istituzione del Giudice di Pace meritano grande rispetto e stima, poiché fino ad oggi sono le poche istituzioni di Giustizia che stanno dimostrando la loro capacità di risoluzione in tempi brevi delle controversie portate alla loro attenzione, senza il clamore dei processi mediatici che comportano lo spreco di tante energie e spese a carico dello Stato e cioé dei cittadini con il coinvolgimento di Magistrati, Forze dell’Ordine, di periti, di CTU, di intercettazioni telefoniche e con palleggiamenti infiniti di fuga dalle responsabilità da parte di chi ha il dovere di assumerle.
dott. Martino Giacovelli – Taranto