L’accertamento fiscale è uno strumento che l’Agenzia delle Entrate utilizza per verificare che le dichiarazioni dei redditi di imprese e professionisti siano corrette. Tra i vari tipi di accertamento, uno dei più discussi e temuti è l’accertamento analitico-induttivo.

Ma cosa significa questo termine complesso? In questo articolo ti spiegherò in modo semplice di cosa si tratta, come funziona e perché è importante per chi gestisce un’attività o è un libero professionista.

Cos’è l’accertamento analitico-induttivo?

L’accertamento analitico-induttivo è una procedura che permette all’Agenzia delle Entrate di contestare la dichiarazione dei redditi di un contribuente, basandosi su presunzioni qualificate. In altre parole, l’Agenzia può sospettare che ci siano irregolarità e costruire una base di prova partendo da elementi che, pur non essendo dimostrati in modo diretto, appaiono “gravi, precisi e concordanti”.

Presunzioni qualificate: cosa sono?

Le presunzioni qualificate sono degli indizi, che devono essere molto forti. Ad esempio, se si nota che le spese per l’acquisto di merce sono insolitamente alte rispetto ai ricavi dichiarati, l’Agenzia potrebbe sospettare che non tutti i ricavi siano stati riportati. Questi indizi devono essere “gravi” (ossia seri), “precisi” (non vaghi o generici) e “concordanti” (ossia, devono puntare tutti nella stessa direzione).

Come funziona in pratica?

L’Agenzia delle Entrate può avvalersi di questo tipo di accertamento quando trova delle incongruenze nelle dichiarazioni del contribuente, anche se la contabilità è formalmente corretta. L’accertamento analitico-induttivo si distingue da altri tipi di accertamento perché non richiede la totale inattendibilità della contabilità aziendale, ma può essere applicato anche in presenza di una contabilità ordinata, se si riscontrano delle incongruenze.

Esempi pratici tratti dalla giurisprudenza

Alcuni esempi pratici di come questo tipo di accertamento viene applicato:

  • Consumo di energia elettrica: Ad esempio, in un caso riguardante un salone di parrucchieri, l’Agenzia delle Entrate ha utilizzato i consumi di energia elettrica per dimostrare che i ricavi dichiarati non erano coerenti con l’attività effettiva svolta. Se un parrucchiere consuma una quantità di elettricità molto superiore a quanto dichiarato nei ricavi, l’Agenzia potrebbe presumere che parte del fatturato non sia stato dichiarato correttamente​.
  • Tovagliometro: Un altro esempio è quello del “tovagliometro”, una tecnica utilizzata per controllare i ristoranti. Se un ristorante dichiara di avere pochi coperti ma consuma una grande quantità di tovaglioli o acqua minerale, si può presumere che i ricavi effettivi siano stati sottodichiarati. La Cassazione ha confermato che, in un caso del genere, l’accertamento analitico-induttivo è legittimo.

Perché è rilevante per imprenditori e professionisti?

L’accertamento analitico-induttivo è particolarmente rilevante per chi gestisce un’impresa o per i professionisti perché si basa su dati indiretti che l’Agenzia può ottenere tramite diversi mezzi, inclusi controlli incrociati e l’uso di banche dati. Alcuni settori sono più a rischio di altri, come quelli legati alla ristorazione, al commercio al dettaglio, o ai servizi professionali, dove è più facile che esistano differenze tra il dichiarato e l’effettivo, per via della gestione di contanti o della difficoltà di tracciare tutti i ricavi.

Cosa fare in caso di accertamento?

Se un’azienda o un professionista riceve una notifica di accertamento analitico-induttivo, è importante non ignorarla. È possibile difendersi dimostrando che le presunzioni utilizzate dall’Agenzia non sono corrette. Ad esempio, si può fornire prova documentale che giustifichi eventuali incongruenze, o dimostrare che i dati utilizzati per l’accertamento sono imprecisi.

È sempre consigliabile rivolgersi a un commercialista esperto che possa assistere nella gestione del rapporto con l’Agenzia delle Entrate e nella preparazione di una difesa efficace.

Quando non si applica l’accertamento analitico-induttivo?

Esistono anche situazioni in cui l’accertamento analitico-induttivo non è applicabile. Ad esempio, se l’impresa rientra in regimi premiali legati agli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), il contribuente potrebbe essere escluso dall’accertamento. In passato, esistevano simili esenzioni per chi era congruo e coerente con gli studi di settore​(Accertamentoanaliticoin…).

Conclusione

L’accertamento analitico-induttivo è uno strumento molto efficace nelle mani dell’Agenzia delle Entrate per contrastare l’evasione fiscale. Tuttavia, può anche rappresentare una sfida per imprenditori e professionisti che si trovano a dover giustificare incongruenze, talvolta solo apparenti. Per questo, è fondamentale mantenere una contabilità ordinata e chiara, e affidarsi a professionisti capaci di fornire una difesa accurata in caso di accertamento.

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