Il lavoro occasionale è regolato dal D.L. n. 50/2017, che definisce specifici limiti per il compenso annuale che un prestatore può ricevere e che un utilizzatore può pagare. In particolare, per ogni prestatore, i compensi totali non devono superare i 5.000 euro all’anno; per ciascun utilizzatore, il limite è di 10.000 euro, elevato a 15.000 euro per alcuni settori specifici come congressi e fiere. Inoltre, ogni prestatore non può ricevere più di 2.500 euro da un singolo utilizzatore.

Ma cosa rischia l’imprenditore se supera questi limiti?

Nel caso in cui il compenso per un prestatore superi i 2.500 euro o la durata del lavoro superi le 280 ore annuali, il rapporto di lavoro si trasforma automaticamente in un contratto a tempo pieno e indeterminato. Tuttavia, se l’imprenditore supera il limite complessivo di 10.000 euro (o 15.000 per i settori speciali), non sono previste sanzioni contributive né obblighi di trasformazione del rapporto di lavoro. Inoltre, non esiste una norma fiscale che impedisca la deducibilità dei costi per prestazioni occasionali eccedenti tali limiti, purché questi costi siano inerenti all’attività d’impresa.

Questo significa che, se un imprenditore paga più del limite stabilito, non rischia sanzioni fiscali o contributive semplicemente per questo motivo. Tuttavia, potrebbe esserci un controllo da parte dell’INPS se i costi sembrano mascherare un lavoro continuativo o abituale. In tal caso, l’INPS potrebbe applicare una sanzione pecuniaria che va da 500 a 2.500 euro per ogni giorno di violazione accertata.

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