Ho bisogno di alcune informazioni inerenti la possibile apertura di una nuova partita IVA.
O apre un mio amico da solo, oppure apriamo una società per un ecommerce online per la vendita di sigarette elettroniche, accessori, aromi, liquidi a norma TPD e tutto quello inerente il mondo ecig, più la vendita di capsule di caffè.
1) Ma a parte i costi di affitto, acqua, luce gas, ecc , volevamo capire bene le spese burocratiche medie annue, che differenze di tasse e costi fissi abbiamo se apre lui da solo (ha 25 anni), oppure se apriamo in società (lui 25 ed io 41 anni)?
Indice dei contenuti
- 1 Partire bene usando strumenti legali ed evitando l’antiriciclaggio
- 2 La leggenda dei 5000 euro senza partita iva
- 3 Il successo non arriva per gioco
- 4 L’ultima bufala: temporary shop senza partita iva
- 5 Commercialista a Torino per E-commerce
- 6 E-commerce e obbligo partita iva
- 7 Vendere su Vinted senza partita iva?
Partire bene usando strumenti legali ed evitando l’antiriciclaggio
Risposta al punto 1. Ecco come partire con il piede sbagliato nell’avvio di un’attività economica. La domanda “apre lui da solo oppure apriamo una società” ipotizza che i due strumenti scelti e cioè ditta individuale oppure società sono due strumenti identici per svolgere la propria attività: sbagliato! Come se ditta individuale o società avessere solo conseguenze sul piano fiscale. La domanda trascura erroneamente tutti gli aspetti legati alla gestione del business, ai rapporti di potere tra i soci e infine anche gli accordi che ne dovrebbero scaturire per la suddivisione degli utili che possono derivare dall’attività economica. Oltre a questo la domanda potrebbe avere anche dei profili sanzionatori sotto il profilo antiriciclaggio. Quindi se si pensa di svolgere la propria attività in società è bene scegliere tra le varie possibilità di società messe a disposizione dal nostro ordinamento ovvero società di persone o società di capitali. Le società di capitali sono particolarmente indicate per regolare efficacemente i rapporti tra i soci anche in vista di una eventuale cessione della quota.
2) So che se uno rimane entro i 5000,00 euro annui per aprire un ecommerce online non bisogna aprire una partita IVA, ma allora come si fa a dimostrare allo stato quanto si vende, con la ritenuta di acconto, oppure con altro sistema?
La leggenda dei 5000 euro senza partita iva
Risposta al punto 2. Ecco un falso mito che circola sul web…la fatidica soglia dei 5000,00 euro annui. In verità é assolutamente vietato avviare un’attività economica con organizzazione di strumenti e persone, senza aprire la partita iva. Non aprire partita iva laddove richiesto dalla normativa (come nel caso di avvio di un negozio online) può portare a gravi sanzioni, non solo da parte dell’agenzia delle entrate ma anche dal Comune in cui ha sede l’attività per aver omesso la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività). A proposito di BUFALE FISCALI, gira ultimamente il mito per cui avviando un temporary shop online, con esercizio di massimo 30 giorni, si possa evitare l’apertura della partita iva. L’avvio di un temporary shop, generalmente istituto previsto in alcuni comuni per negozi di vicinato che smaltiscono stock di merce, nel caso di e-commerce online, potrà portare solo a problemi in caso di verifica fiscale. Ricordiamo che è il contribuente a dover dimostrare che l’attività che svolge è occasionale. Il numero di giorni per la quale si può esercitare non è affatto una prova della occasionalità dell’attività commerciale.
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Il successo non arriva per gioco
E’ bene eliminare poi quest’idea per cui si possa avviare un’attività ponendosi obiettivi di ricavi limitati a cifre irrisorie (5000,00 euro??!!). Le aziende che ottengono risultati sono quelle guidate da imprenditori determinati ad ogni costo a ottenere risultati e spazzano via ogni concorrente avvii attività per gioco….tanto per vedere come vanno le cose. L’idea per cui un’attività cominicia per gioco nasce dai racconti di imprenditori che sono riusciti ad ottenere risultati importanti e vogliono nascondere il sudore e la determinazione che sta dietro al successo che hanno conseguito. Peraltro una attività economica per conseguire continuità di risultati deve necessariamente raggiungere un livello di fatturato in modo da poter avere riserve in caso di difficoltà. Con 5000 euro non metti da parte nessuna riserva.
L’ultima bufala: temporary shop senza partita iva
Pensavamo di aver sconfitto la bufala dei 5000 euro per l’avvio della partita iva, ed ecco che si diffonde una nuova bufala sul web: il temporary shop, l’ultima trovata per avviare un e-commerce senza aprire partita iva. Dunque vediamo che cosa è un temporary shop: si tratta di una autorizzazione temporanea che può essere concessa dal Comune per l’avvio di una attività commerciale di vicinato per una durata limitata di tempo. A seconda delle regioni i temporary shop possono essere autorizzati per periodi che vanno dai 90 giorni ai sei mesi. Ebbene secondo alcuni se l’attività del temporary shop è inferiore a 30 giorni non sarebbe necessaria l’attribuzione della partita iva e nemmeno l’iscrizione in camera di commercio.
Perchè anche questa notizia non è consigliabile e nemmeno percorribile? Per un semplice motivo: la durata dell’esercizio dell’attività non consente di dimostrare che è una attività occasionale. Rendiamoci conto che è tutto a carico del contribuente, in caso di contestazione, l’onere di dimostrare l’occassionalità e quindi la necessità di non avviare partita iva. Se pensate di aprire un negozio anche solo per 10 giorni, il quale non avendo partita iva, non farà scontrini….potete stare pur certi che ad un controllo degli enti preposti prenderete una multa per non aver emesso lo scontrino, per non avere una visura camerale e in ultimo per non aver aperto la partita iva.
Provate a dimostrare che volevate stare aperti 30 giorni mentre le contestazioni ve le fanno al 20esimo giorno…si tratta pressochè di una prova diabolica. Ovviamente il discorso può essere riadattato anche al caso dell’ecommerce che apre senza partita iva. Una semplice verifica fiscale farà saltare tutto.
Commercialista a Torino per E-commerce
Se intendi avviare un e-commerce, ritardare di 30 giorni l’avvio della partita iva non farà la differenza. Ciò che realmente distingue dalla massa, gli e-commerce di successo, è dato dalla capacità di realizzare un piano di avvio dell’attività, valutare i costi con previsioni realistiche e studiare fin da subito quali sono gli investimenti necessari per il successo dell’e-commerce. Sottostimare la consulenza di uno studio di consulenti fiscali, esperti in ecommerce, può costare chiaro. Avere ben chiari i margini, significa saper valutare i costi dell’attività e quindi anche in che modo l’iva e le imposte incidono sugli utili dell’e-commerce.
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E-commerce e obbligo partita iva
“Mi chiamo M. e sono un ragazzo di 18 anni e vorrei iniziare a fare dropshipping con shopify solo che essendo minorenne sarebbe molto difficile aprire partita IVA, considerando anche il poco budget che ho. Ho sentito molte versioni online di persone che dicono che si può iniziare anche senza p. IVA stando entro i 5000€ oppure con un “temporary shop” però vorrei avere una risposta chiara una volta per tutte.
Grazie mille per il tempo accordato.”
Come è indicato nel capitolo “La leggenda dei 5000 euro senza partita iva” una attività di ecommerce non è qualificabile in nessun modo come lavoro occasionale. Del resto è evidente che per riuscire ad effettuare le vendite online è necessaria una serie di azioni preordinate a riuscire a ottenere delle vendite, prendiamo il caso di un negozio online occorrerà:
- registrare il dominio;
- realizzare il sito;
- stipulare un contratto con un sistema di pagamento quale stripe o paypal
- caricare i prodotti
- lanciare una campagna marketing per dare visibilità al tutto.
E’ evidente quindi che nel caso di ecommerce non è possibile parlare di lavoro occasionale. Peraltro il limite dei 5000 euro si riferisce alle prestazioni di lavoro occasionale e non al commercio, altro motivo a supporto che i 5000 euro non hanno nulla a che fare con l’ecommerce. Stesso discorso per i “temporary shop”, di cui parlo nel paragrafo “La leggenda dei 5000 euro senza partita iva”.
Coloro che nonostante le spiegazioni ricevute insistono nell’idea di aprire un ecommerce senza aprire partita iva, spesso chiedono: ma chi è che viene a scoprire che non ho la partita iva? Semplice, è sufficiente che un acquirente non sia soddisfatto del prodotto e sporga denuncia ritenendo di essere truffato. Da lì in poi si riceverà una visita della Guardia di Finanza che chiederà l’esibizione dei documenti e delle autorizzazioni alla vendita.
Vendere su Vinted senza partita iva?
Mi permetto di contattarvi per chiedere un rapido chiarimento inerente la vendita di prodotti usati sulla nota piattaforma Vinted ad opera di privati che hanno già un lavoro dipendente e che svolgono tale attività solo per hobby e non come puro e-commerce.
Sul web si parla di limite di guadagni pari a € 2000 o, in alternativa, un tetto di 30 transazioni all’anno (anche di importi irrilevanti) affinchè non si abbia l’obbligo di dichiarare tali somme come redditi diversi in occasione del 730.
Chiedo: se una persona ha in casa tantissima roba usata (parliamo di più di 200 oggetti tra libri, capi d’abbigliamento, borse, trucchi, scarpe, ecc…) che non utilizza più e dalla cui vendita su Vinted ricava tra gli €500 e i €1500 nell’arco di un anno, lo fa nel tempo libero dopolavoro e con una regolarità che varia in base all’interesse che altri utenti della piattaforma mostrano per gli articoli pubblicati, quale requisito deve tener conto per stare tranquillo col fisco e non incorrere in sanzioni o accertamenti indesiderati?
Risposta:
La norma di legge non individua dei requisiti minimi che possano far stare tranquilli di nessun tipo. Sul web se ne leggono di tutti i colori come testimonia i limiti di guadagno che ha indicato. A questo si aggiunga che quanto esposto, ovvero ho la casa piena di robe usate…etc etc. deve essere adeguatamente provato qualora ricevesse una contestazione in proposito. In caso di contestazioni a suo favore depone:
- Lo svolgimento di attività di lavoro dipendente;
- L’esiguità degli importi guadagnati nell’arco dell’anno;
A suo sfavore depone:
- il numero elevato di prodotti venduti/transazioni;
- la continuità nel tempo delle vendite.
Certo che una attività continuativa, peraltro pubblicizzata su una piattaforma di vendite come Vinted, può lasciar pensare ad una attività commerciale svolta regolarmente, seppure parallela all’attività primaria. Si possono svolgere altre considerazioni che potrebbero essere risolutive in sede di consulenza.