La corte ha ribadito l'orientamento costante della giusriprudenza di legittimità secondo la quale "l'utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito non è subordinata alla prova che il contribuente eserciti attività d'impresa, i dati  risultanti dai conti correnti bancari possono  infatti essere utilizzati sia per dimostrare l'esistenza di un'eventuale attività occulta; sia per quantificare il reddito ricavato da tale attività, incombendo al contribuente l'onere di dimostrare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti. A nulla rileva la considerazione che i conti correnti oggetto di indagine fossero a saldo zero dal momento che oggetto di contestazione non è il saldo bensi i singoli movimenti bancari.

{xtypo_info}SINTESI: L'accertamento sintetico è legittimo anche in presenza di redditi di impresa, inoltre a nulla rileva che il saldo del c/c sia negativo{/xtypo_info}

 

Sent. n. 23690 dell'8 novembre 2007 (dep. il 15 novembre 2007)

 

Rilevato che a seguito di una ispezione della G.d.F. nei riguardi della ditta individuale intestata al marito della contribuente, nel corso della quale erano risultate disponibilità bancarie a favore della stessa, l'Agenzia delle Entrate procedeva ad accertamento sintetico e notificava avviso di accertamento nei confronti della signora M.D.C.;

che la contribuente ha impugnato tale decisione davanti alla CTP di Bari, che accoglieva il ricorso, rilevando dalle movimentazioni bancarie un saldo negativo e non i rilevanti deposti bancari contestati;

che l'Ufficio ha interposto appello tale decisione; che la C.T.R. ha respinto l'appello dell'A.F. sulla base della considerazione secondo la quale le semplici movimentazioni bancarie, con saldo negativo, non offrirebbero alcun elemento certo in grado di avvalorare l'ipotesi formulata dal fisco;

che, secondo la Commissione la mancata risposta al questionario inviato dall'Ufficio non costituirebbe elemento idoneo a integrare il deficit probatorio già evidenziato;

che Ministero e Agenzia hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, contro il quale resiste la contribuente, con controricorso;

che, con il detto motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano, la violazione dell'art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 e vizi motivazionali; che, secondo tale censura, non rileverebbe il saldo negativo del conto corrente bancario ma, da un lato, l'esistenza di accrediti, e da un altro, la possibilità (non fatta propria dalla contribuente) di giustificare gli addebiti scritturali come costi e spese;

che, rispetto a tale doglianza, il PG ha chiesto che la Corte, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., respinga il ricorso per essere manifestamente infondato.

Considerato che il ricorso, contrariamente a quanto concluso dal PG, è manifestamente fondato;

che, nonostante tale conclusione, non è necessario rinviare la causa alla Pubblica Udienza, essendo evidente la ricorrenza di una delle cause decisorie di cui all'art. 375 cod. proc. civ.;

che, infatti, la decisione impugnata è illegittima in quanto essa è in contrasto con i principi giurisprudenziali elaborati da questa Corte, la quale ha più volte ammonito (cfr., da ultimo, la sentenza n. 9573 del 2007) che l'utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito non è subordinata alla prova che il contribuente eserciti attività d'impresa;

che i dati risultanti dai conti correnti bancari possono essere utilizzati sia per dimostrare l'esistenza di un'eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito ricavato da tale attività, incombendo al contribuente l'onere di dimostrare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti;

che non ha rilievo, a tale proposito, che il conto corrente (nella specie: bancario) risulti avere un saldo negativo, in quanto l'oggetto dell'accertamento sono i movimenti e le scritture relative al conto, considerato in un determinato periodo d'imposta;

che rispetto a tali annotazioni la contribuente è stata chiamata a fornire spiegazioni analitiche, in sede procedimentale,senza fornire alcuna risposta; che, infatti, al contribuente resta comunque la garanzia del diritto di difesa, potendo egli far valere le sue ragioni in sede contenziosa a norma dell'art. 32 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, depositando documenti e memorie fino alla data di trattazione del ricorso in primo grado; che, pertanto, erroneamente la decisione impugnata ha ritenuto tali elementi come sforniti di valenza probatoria, limitandosi a far propria la critica solo generica del contribuente e non, come avrebbe dovuto, a considerare, anche in ragione delle chieste controdeduzioni procedimentali, elementi di spiegazione analitici;

che, pertanto, la sentenza impugnata, siccome illegittima, per essere stata resa in contrasto con tale basilare regula iuris, e con il principio della effettività della motivazione, deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della stessa C.T.R., la quale provvederà anche in ordine alla spese di questa fase.

P.Q.M. – accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, ad altra sezione C.T.R. della Puglia.