{xtypo_info}Il rimborso dell'imposta versata in eccesso, nel caso specifico IRAP, è escluso nel caso in cui il contribuente si sia avvalso del condono fiscale ex art. 7 L. 289/2002.{/xtypo_info}
Sentenza del 13/12/2007 n. 25240 – Corte di Cassazione Sezione Tributaria
Testo:
Rilevato che a seguito del silenzio rifiuto formatosi sulla propria istanza di rimborso, il contribuente, il dottor R.C., libero professionista consulente informatico, ha adito la C.T.P. di Milano per ottenere il riconoscimento del diritto al rimborso dell'imposta Irap per l'anno 1998;
che la C.T.P. ha accolto il ricorso; che l'Ufficio ha proposto appello; che, nelle more, il contribuente, che si era opposto al gravame, ha provvedute alla definizione automatica dei redditi ai sensi dell'art. 7 della legge n. 289 del 2002 e succ. mod.;
che la CTR ha respinto l'appello dell'Agenzia ritenendo, fra l'altro, tardiva l'eccezione di intervenuta definizione della lite;
che avverso tale pronuncia, il ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo; che il contribuente non ha svolto difese in questa fase; che, con l'unico motivo (con il quale lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 15 della legge n. 289 del 2002, dell'art. 57 D.Lgs. n. 545 del 1992) i ricorrenti deducono che la contribuente, avendo aderito alla sanatoria, non potrebbe aspirare al rimborso d'imposta. Considerato che, preliminarmente, deve dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso proposto dal Ministero delle Finanze, che non e' stato parte nel giudizio di appello; che e' fondato e deve essere accolto il ricorso dell'Agenzia;
che, infatti, quanto al profilo della tardivita' dell'eccezione processuale riguardante l'adesione del contribuente al condono di cui all'art. 7 della legge n. 289 del 2002, come questa Corte ha avuto gia' modo di precisare, le questioni relative all'applicazione del condono, pur non risolvendosi interamente nei problemi processuali, partecipano anche di tale natura e sono, percio', rilevabili d'ufficio, senza che occorra una specifica proposizione ad opera della parte interessata a farle valere;
che, a tale proposito, la sentenza di questa Corte n. 15995 del 2000 ha gia' avuto modo di chiarire che la facolta' di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio sicche' si realizza, come riflesso processuale, l'estinzione del giudizio, anche se esso non si esaurisce in un evento del processo, perche' configura vicenda piu' complessa che elide la pretesa impositiva unitamente all'impugnazione del contribuente, nel concorso di condizioni ed adempimenti prestabiliti;
che tale principio, in sostanza, realizza un effetto latamente estintivo delle opposte pretese e, quindi, di riflesso, anche del processo, palesandosi come questione ufficiosa, di ordine pubblico, che s'impone al giudice, ove rilevata o rilevabile in via ufficiosa, prima di ogni altra;
che, infatti, il perfezionamento di tale procedura, ha una pluralita' di effetti, per quanto differenziati nell'ambito delle diverse fattispecie, tra i quali quello (art. 9, comma 10) di precludere gli accertamenti tributari (a), di estinguere le sanzioni (b), di escludere la punibilita' per i reati tributari (c), e di (art. 7, comma 11) inibire l'esercizio di alcuni poteri stabiliti nei d.P.R. n. 600 del 1973 e 633 del 1972 o l'operare di alcune presunzioni;
che tale regime di inderogabilita' ne rende rilevabile d'ufficio la sua operativita';
che esso, pertanto, opera non solo riguardo alle liti relative agli accertamenti dell'obbligazione tributaria ed alla debenza dell'imposta, quale che sia, cosi' giovando alla parte privata (in ogni fase e grado della lite), ma anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d'imposta, siccome afferenti alla nascita dell'obbligazione di rimborso per l'indebito versamento di somme non dovute da parte del contribuente, in tali casi giovando all'ente impositore; che il suo operare officioso, pertanto, si estende anche alle liti da rimborso, pur non realizzandosi lo stesso tipo di effetto estintivo del processo, che caratterizza l'altro tipo di lite, incentrato sull'accertamento dell'obbligazione tributaria (sentenza n. 6216 del 2006);
che, in entrambi i tipi di giudizi, tuttavia, l'operare officioso si connette ai riflessi di ordine pubblico nascenti dall'elisione della pretesa impositiva, realizzata in virtu' dall'adesione al condono (nell'ambito delle cui condizioni ed adempimenti vanno, ovviamente, regolati i residui rapporti di dare ed avere tra l'ente impositore ed il contribuente, il quale abbia versato l'imposta – che si assume non dovuta – ove questa, in ipotesi, corrisponda a piu' del dovuto secondo le prescrizioni solutorie della specifica legge di condono);
che, quanto al merito delle condizioni ostative o preclusive del condono, alla presunta violazione dell'art. 7 della legge n. 289 del 2002, questa Corte ha stabilito (nella sentenza n. 3682 del 2007) il principio a termini del quale, con riferimento alla definizione automatica prevista dall'art. 9 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilita' di rimborso per le annualita' d'imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, intatti, in quanto volto a definire "transattivamente" la controversia in ordine all'esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilita' di riflessi o interferenze con quanto eventualmente gia' corrisposto in via ordinaria; che tale principio enunciato non gia' sulla base della incompatibilita' assoluta tra l'istanza di rimborso e la domanda di condono, ma sulla specifica previsione secondo cui "la definizione automatica non modifica l'importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate", anche ai fini Irap (art. 7 comma 13, ult. parte e 9, comma 9, ultima parte, di identico tenore), con tali dichiarazioni intendendosi solo quelle contenenti la specifica indicazione del credito richiesto; che, infatti, la Corte costituzionale ha affermato (ordinanza n. 340 del 2005) che "il condono non influisce di per se' sull'ammontare delle somme chieste a rimborso, non impone al contribuente la rinuncia al credito e non impedisce all'erario di accogliere tali richieste, allorche' la pretesa al rimborso sia riscontrata fondata; non impedisce l'accertamento dell'inesistenza dei crediti posti a base delle richieste di rimborso, data la natura propria del condono, che incide sui debiti tributari dei contribuenti e non sui loro crediti"; che, pertanto, dato il tenore identico delle previsioni riguardanti sia l'art. 7 che l'art. 9 della legge n. 289 del 2002 (in ordine alle quali il ricorrente si doleva di uno scambio, ritenuto erroneamente rilevante, nelle conclusioni del P.G. ai sensi dell'art. 375 c.p.c.) deve essere data continuita'… non emergendo serie e contrarie argomentazioni, utili al suo superamento;
che, pertanto, il primo motivo del ricorso dell'Agenzia, che e' fondato, deve essere accolto e la sentenza di merito deve essere cassata, con rinvio ad altra sezione della stessa CTR, perche', unitamente al governo delle spese di questa fase, provveda a decidere la causa facendo applicazione del principio di diritto sopra enunciato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero delle Finanze, accoglie quello proposto dall'Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, ad altra sezione della CTR della Lombardia.