La direttiva DAC 7 impone alle piattaforme di comunicare i dati delle persone che ricevono compensi superiori a euro 2000 o che comunque effettuano più di 30 transazioni in un anno. L’obbligo è apparso immediatamente di interesse per tutti coloro che effettuano la vendita di prodotti e quindi tra i primi a pubblicare informazioni sono state le piattaforme come VINTED, Ebay, e marketplace simili.
Ad una attenta lettura della direttiva DAC 7, l’obbligo di comunicazione è a carico di tutte le piattaforme digitali che erogano compensi a privati e soggetti con partita iva. Ecco infatti che la richiesta di compilare i questionari fiscali sono arrivati anche da piattaforme, diverse da quelle di compravendita, come ad esempio TWITCH, ma pensiamo anche a FIVERR, piattaforma che intermedia freelance.
Anche i freelance che utilizzando FIVERR per trovare impiego sono stati chiamati a compilare il questionario fiscale DAC 7.
Indice dei contenuti
- 1 Amazon VINE e il questionario DAC7 per gli occasionali.
- 2 Amazon VINE e la “sorpresa” del questionario DAC 7
- 3 I beni dati in visione per la recensione sono un compenso per il partecipante ad Amazon VINE?
- 4 Prima della direttiva DAC tutti guadagnavano da Amazon VINE ora non guadagna più nessuno
- 5 Recensioni per Amazon VINE richiede l’apertura della partita iva?
- 6 Cosa comunica AMAZON alle sue VOCI VINE?
- 7 Cosa devo fare per stare tranquillo?
- 8 Hey, ciao 👋 Piacere di conoscerti.
- 9 Iscriviti per ricevere contenuti fantastici nella tua casella di posta, ogni mese.
Amazon VINE e il questionario DAC7 per gli occasionali.
Il programma Amazon VINE, prevede che alcune persone ricevano con continuità prodotti da parte di Amazon. Tali prodotti vengono inviati alle persone che effettueranno poi delle recensioni su questi prodotti. Il programma Amazon VINE prevede che i prodotti inviati ai recensori possano essere poi richiesti in restituzione nei 6 mesi successivi all’invio, ma nei fatti ciò sembra accadere raramente. E’ anche possibile che i prodotti inviati possano essere non funzionanti e quindi senza alcun reale valore.
Amazon VINE e la “sorpresa” del questionario DAC 7
Molti recensori del programma Amazon VINE sono stati colpiti e anche sorpresi dalla richiesta di compilazione del questionario DAC 7 da parte di Amazon. Dal punto di vista dei recensori partecipanti al programma VINE, la compilazione viene vista come un tradimento e come se Amazon in qualche modo ora denunciasse i suoi recensori al fisco. Effettivamente i recensori non ricevono un compenso per il proprio lavoro, se non per il fatto che i beni che recensiscono gli vengono di fatto lasciati nelle loro disponibilità. Come detto, anche se Amazon si riserva di richiedere la restituzione dei beni entro i 6 mesi successivi, imponendo peraltro di non vendere i beni o regalarli. In pratica è facile pensare che Amazon dichiara all’Agenzia delle Entrate quale compenso erogato al privato la somma del valore dei beni dati in recensione. Come è stato fatto notare, i beni lasciati ai recensori, non sono coperti da garanzia.
I beni dati in visione per la recensione sono un compenso per il partecipante ad Amazon VINE?
Sicuramente, il valore dei beni dati ai partecipanti può essere considerato un compenso in natura. Pertanto il compenso dovrebbe essere considerato pari al valore normale dei beni da questi ricevuti. Ovviamente da tale compenso deve essere dedotto il valore dei beni restituiti eventualmente ad Amazon su richiesta. Oltre a discorso restituzione, bisogna valutare quale peso ha la clausola contrattuale per cui i beni ricevuti dal progetto VINE non possono essere MAI ceduti o venduti. Certamente questa clausola potrebbe portare almeno a una riconsiderazione del valore dei beni ricevuti. Esiste anche la possibilità che il recensore abbia cestinato dei prodotti e si trovi impossibilitato a dimostrare l’avvenuta distruzione dei beni.
Prima dell’arrivo della direttiva DAC 7 e del tanto odiato questionario da compilare da parte di coloro che partecipano al programma di AMAZON VINE, non mancavano video su youtube, ancora presenti che inneggiavano al guadagno conseguito dalla partecipazione al programma di recensioni di Amazon.
Oppure anche qui si parla di Guadagno
Ora come non mai, molti che hanno pubblicato questi video dovrebbero chiedersi se hanno fatto bene a muoversi in questo modo. Rimane innegabile che il ricevere oggetti che possono essere utilizzati nel quotidiano è un arricchimento personale. Purtroppo a causa della incompleta e faraginosa normativa tributaria, occorre rivolgersi a degli specialisti in materia per comprendere quali potranno essere le richieste del fisco.
Il dubbio più grande è se il ricevere oggetti sia in qualche modo indice di quella capacità contributiva a cui dovrebbe ispirarsi il fisco, secondo il dettato dell’articolo 53 della costituzione secondo il quale “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.…”
Ora ci si può domandare se ricevere un prodotto e poi farne la recensione, sia in qualche modo indice di capacità contributiva?
Recensioni per Amazon VINE richiede l’apertura della partita iva?
L’apertura della partita iva per Recensioni su Amazon VINE deve essere valutata caso per caso. Certamente gli elementi per valutare l’apertura della partita iva deve essere considerata nei casi in cui:
- l’attività viene svolta in modo continuativo, e quindi si ricevono con REGOLARITA’ prodotti da recensire?;
- il valore dei prodotti inviati e rimasti nella disponibilità del recensore (non richiesti in restituzione) sono di Rilevante entità?.
- il recensore non svolge altre attività lavorative, oltre a quella di recensore del programma Amazon VINE?.
Per coloro che sono interessati ad approfondire la tematica e per capire se nel loro caso devono o meno aprire partita iva è disponibile un servizio di consulenza fiscale a tariffa agevolata, e potete contattarci cliccando qui per saperne di più.
Cosa comunica AMAZON alle sue VOCI VINE?
Di seguito un estratto delle informazioni fornite da Amazon ai suoi recensori
Per quale motivo mi viene chiesto di compilare un questionario fiscale per Amazon Vine?
È entrata in vigore una nuova direttiva dell’Unione Europea (UE), ovvero la Direttiva sulla cooperazione amministrativa, emendamento 7 (DAC7), che
impone ai negozi online come Amazon di raccogliere, verificare e comunicare determinati dati personali, fiscali e finanziari dei fornitori di servizi che
svolgono un’attività rilevante sui negozi online di Amazon. La legge DAC7 costituisce un’estensione delle norme europee in materia di trasparenza fiscale.
Quali dati devo fornire e confermare ad Amazon?
In qualità di fornitore di servizi individuali (almeno è questa la “particolare” individuazione che ha fatto Amazon delle sue Voci VINE), verrà richiesto ai clienti Voce Vine di fornire i seguenti dati tramite il questionario fiscale:
Nome e cognome
Data di nascita
Luogo di nascita (in assenza di un codice fiscale)
Indirizzo di residenza
Numero di partita IVA (ove applicabile)*
Qualsiasi codice fiscale emesso, con il rispettivo stato di emissione
*È necessario indicare il numero di partita IVA emesso nel paese di residenza. Se non disponibile, sarà necessario indicare il numero di partita IVA
rilasciato da qualsiasi altro stato membro. Se invece non si è in possesso nemmeno di un numero di partita IVA di uno stato membro, sarà necessario
dichiarare di non essere in possesso di alcun numero di partita IVA di uno stato UE.
Che cosa farà Amazon con i miei dati fiscali?
Per soddisfare i requisiti legali del DAC7, Amazon deve:
a. raccogli informazioni fiscali da Vine Voices
b. verificare tali informazioni confrontandole con i database delle rispettive autorità;
c. comunicare alle autorità fiscali UE l’importo del corrispettivo ricevuto da Voce Vine (ossia il valore dei prodotti ordinati e ricevuti gratuitamente tramite
Vine) insieme ai dati di dovuta diligenza (due diligence).
Amazon è tenuta a comunicare ogni anno all’Agenzia delle Entrate le informazioni di tutti i membri* di Voce Vine UE entro il 31 gennaio dell’anno
successivo; deve inoltre fornire una copia dei dati da te comunicati all’Agenzia delle Entrate entro il 31 gennaio di ogni anno.
*Per il 2023 Amazon è tenuta a comunicare solo le informazioni dei membri di Voce Vine UE che hanno aderito al programma nel corso del 2023;
tuttavia, a partire dal 2024, dovrà comunicare le informazioni di tutti i membri Voce Vine UE, indipendentemente dal momento in cui hanno aderito al
programma.
Che cosa faranno le autorità fiscali con le informazioni condivise da Amazon?
I dati raccolti verranno condivisi automaticamente con le autorità fiscali degli stati membri in cui risulta la residenza nella registrazione a Voce Vine. Tali
informazioni potranno essere utilizzate per verificare la conformità fiscale e l’esattezza del reddito dichiarato da Voce Vine. Se hai domande sulla tua
responsabilità fiscale, puoi rivolgerti a un consulente fiscale, legale o a un altro professionista.
Cosa devo fare per stare tranquillo?
Questa è la domanda che ci viene fatta più spesso, cosa devo far per stare tranquillo??
Per stare tranquilli bisognerebbe non fare più nulla, ma diciamolo non si deve avere il timore di confrontarsi con il fisco.
“come posso conoscere la cifra di una eventuale tassa da pagare”
Le eventuali tasse da pagare dipendono dalla dichiarazione a cui questi redditi vanno ad aggiungersi. In questo caso entrano in gioco i famigerati scaglioni irpef. Se non si hanno altri redditi fino a 5000 euro circa non si paga nulla. Certo rimane il dubbio che non si debba aprire la partita iva, ma almeno avendo dichiarato e pagato le tasse, è forse meno probabile ricevere contestazioni.
Ho un limite di recensioni su Amazon VINE da fare per evitare il tutto? Il discorso deve essere valutato caso per caso, a seconda del fatto che si abbiano oppure no altre attività lavorative in corso.
Su TikTok sono presenti alcuni video esplicativi della direttiva dac7 in generale che interessa anche tutti gli altri fruitori dei servizi di marketplace come ebay, twitch, youtube, vinted, subito etc. etc.
https://www.tiktok.com/@legalefiscale
Per coloro che sono interessati ad approfondire la tematica e per capire se nel loro caso devono o meno aprire partita iva è disponibile un servizio di consulenza fiscale a tariffa agevolata, e potete contattarci cliccando qui per saperne di più.
Ultimo aggiornamento del 27/12/2023
Pubblichiamo di seguito comunicazione di Amazon VINE sull’obbligo di comunicazione dei dati all’Agenzia delle Entrate
“Amazon dovrà comunicare ogni anno all’Agenzia delle Entrate le informazioni di tutti i membri di Vine UE entro il 31 gennaio dell’anno successivo, dovrà inoltre fornire una copia dei dati da te comunicati all’Agenzia delle Entrate entro il 31 gennaio di ogni anno.
** Per il 2023 Amazon è tenuta a comunicare solo le informazioni dei membri di Vine UE che hanno aderito al programma nel corso del 2023; tuttavia, a partire dal 2024, dovrà comunicare le informazioni di tutti i membri Vine UE, indipendentemente dal momento in cui hanno aderito al programma.
I dati raccolti verranno condivisi automaticamente con le autorità fiscali degli stati membri in cui risulta la residenza nella registrazione a Vine e potranno essere utilizzati per verificare la conformità fiscale e l’esattezza del reddito dichiarato da Vine.
- Se hai iniziato a partecipare al programma Vine prima del 31 ottobre 2023 e non hai fornito le informazioni richieste o Amazon non è in grado di verificare le informazioni fornite entro il 31 dicembre 2023, non potrai più partecipare al programma Vine nel 2024.
- Se hai iniziato a partecipare al programma Vine dopo il 31 ottobre 2023, potrai partecipare al programma dopo aver fornito le informazioni richieste e dopo che Amazon ne avrà verificato l’esattezza (la verifica richiede pochi minuti, al massimo fino a 24 ore). Se Amazon non è in grado di verificare le informazioni, ti verrà richiesto di compilare nuovamente il questionario fiscale.”
Ultimo aggiornamento AMZON VINE e DAC 7 del 16/01/2024
A quanto si dice sono stati pubblicati nelle aree riservate dei Viners gli importi che saranno comunicati all’Agenzia dell’Entrate, per il valore della merce recensita. Ma non è solo quello, il fatto preoccupante per chi si occupa di recensioni su VINE è che la piattaforma stessa riporta la seguente dicitura “Valore imponibile per anno”, lasciando quindi pensare che l’ammontare indicato sia qualcosa da assoggettare a tassazione. Il termine Imponibile sta proprio a indicare che è l’importo che moltiplicato poi per l’aliquota IRPEF determina le imposte da pagare. Vi è la possibilità di scaricare un report dettagliato, che probabilmente riporta l’elencazione dei prodotti ma al quale non abbiamo avuto accesso. Vedremo nei prossimi mesi cosa farà l’Agenzia delle Entrate di questi dati, che ricordiamo si andranno a sommare a coloro che operano realmente vendite su Amazon senza avere una posizione IVA.
Mi scusi ma ,i prodotti vine non sono di proprietà del recensore prima di 6 mesi e dopo i sei mesi tali prodotti non sono vendibili per contratto con Amazon tantomeno hanno garanzia e talvolta i prezzi nel momento che noi ordiniamo tale prodotto sono gonfiati o errati talvolta un bene da 10 euro viene segnato a 1000 . Tale contratto non prevede che noi siamo effettivamente inquadrati come prestatori di servizi poiché il contratto ci inquadra come persone che recensiscono un prodotto ci defisse “clienti selezionati “ .Il contratto in questione è un termini e condizioni dove Amazon si avvale di poterlo cambiare e dove il nostro nome non figura mai a differenza dei contratti di lavoro .
In più dato che questo bene non è di nostra proprietà nei primi sei mesi non dovrebbe essere valutato il valore residuo del bene .
Per di più Amazon non ci ha rilasciato fatture ufficiali ma tali spedizioni a noi risultano come acquisti da parte nostra a zero euro
Siamo sicuri quindi che dobbiamo pagare tasse su questi articoli e in caso di che percentuali si parla ? Varranno anche le spedizioni che ci sono state fatte nel 2023 o solo quelle a partire da gennaio 2024 ?
Peccato che abbia inserito un indirizzo mail fasullo. Quindi nessuna risposta.
Buongiorno mi sembra tutto assurdo perché non c’é nessun regolamentazione in merito a questo in Italia quindi perché dovremmo pagare le tasse? I prodotti sono gratuiti, hanno un Iva azzerata, la retribuzione non la percepiamo e anche se Amazon non ha mai richiesto nulla indietro, é come se gli articoli fossero temporaneamente nostri. Quindi perché dobbiamo essere obbligati a compilare il DAC 7? Se entro il 31 dicembre non ci faranno capire se le tasse si pagano o no, tutti abbandoniamo il programma e non siamo disposti ad aprire nessuna partita IVA
E’ bene precisare che la direttiva dac 7 non prevede nessun obbligo di apertura della partita iva. Purtroppo Amazon, così come fa in America, riporta il valore dei beni all’Agenzia delle Entrate, quale stima dei compensi ricevuti dai partecipanti al programma. Ciò non significa che si possa dimostrare che la merce pervenuta era diffettosa o altro. Il tema è trattato ampiamente anche negli Stati Uniti, dove però la normativa è più chiara, anche se analoga a quella Italiana (anche lì sussiste l’inquadramento del reddito percepito come occasionale oppure con “business” quindi attività che noi chiameremo con partita iva. Nessuno si farà carico di assicurarvi se si pagheranno tasse oppure no, anche perchè come illustrato nell’articolo, il pagamento di eventuali imposte dipende da caso a caso. Il tutto deve essere valutato da un commercialista. Se non si compilano i dati richiesti dal questionario VINE si viene esclusi dal programma. Vedremo se la forza delle proteste dei recensori del programma amazon vine sarà sufficiente per ottenere delle garanzie da parte di Amazon o da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Buongiorno,
chiedo scusa: ma a questo punto avrebbe senso semplicemente valutare di non compilare il questionario e rinunciare all’iscrizione al programma? O anche in quel caso si rischiano sanzioni?
Peraltro io potrei anche essere disposto a pagare le tasse su questi oggetti (sebbene mi sembri una follia, per tutte le ragioni già esposte in altri commenti in questa pagina), ma anche volendo: quanto devo dichiarare? Come faccio a saperlo avendo solo transazioni a 0€? Devo mettermi a fare la caccia ai prezzi “presunti” di decine e decine di prodotti? Peraltro non posso neppure essere sicuro di quanto dichiarerà Amazon, e quindi pare che comunque la si metta si finirà male, bastonati o da sanzioni o da tassazioni elevatissime, anche volendo cercare di essere il più in regola possibile.
Buongiorno,
secondo me si è creato un pò troppo allarmismo, nel senso che questa dichiarazione da parte delle varie piattaforme, costituisce una montagna di dati che entrerà all’Agenzia delle Entrate e poi dovrà essere smistata.
Neanche l’Agenzia delle Entrate ha interesse a svolgere migliaia di verifiche per raccogliere spiccioli, quindi probabilmente, come ho avuto già modo di dire, le verifiche saranno rivolte a coloro che risultano aver fatto commercio dei prodotti (e quindi eventualmente colpire il reddito generato da quelle vendite) o averli usati per altri contenuti web che gli hanno generato altre entrate (ed anche qui si andrebbe poi a prelevare imposte su altre entrate).
Esatto e credo anche che oltre alla fuga in massa, viste le condizioni imposte, tutta l’iniziativa Vine è destinata a fallire. Resta da capire se la norma avrà effetto retroattivo coinvolgendo anche tutti gli anni precedenti il 2024; quindi 2021-2022 e 2023.
Quello che dispiace maggiormente è che l’eventuale fuga in massa dal programma, non è dettata tanto dalla tassazione, ma al contrario dall’incertezza di quanto possa essere questa tassazione.
Buoansera, e grazie per la gentile risposta.
Infatti è quello che pensavo anch’io: mentre per piattaforme come eBay o Vinted è relativamente semplice rilevare dei flussi di denaro in ingresso, nel caso di Vine non ci sono neppure transazioni tracciabili, e quindi anche supponendo un volume di oggetti non indifferente (con gli account base di Vine si possono prendere 3 oggetti al giorno di un valore di vendita fino ai 90€, ci si mette poco ad arrivare anche a qualche centinaia) stimare una cifra sarebbe comunque un’opera sicuramente più complicata.
Poi sono d’accordo che se uno questi oggetti li rivende o ne fa sfoggio in recensioni che generano ricavi passivi (ad esempio tramite pubblicità nei video) creando quindi un’attività che agisce in modo sistematico, sia necessario un’approccio basato su partita IVA.
Ma vedersi putare l’indice contro perché uno ha casa invasa di strisce a LED cinesi (che poi è davvero questo ciò a cui si riduce il tutto con Vine) e non ha intenzione di rivendere nulla, mi pare veramente insensato.
Una buona serata.
Riassumo e sottolineo più o meno quanto è stato detto:
– articoli NON di proprietà (espressamente indicato nel “contratto”, che metto tra virgolette perché nessuno ha mai firmato nulla, ma solo accettato un invito con un tasto da parte di Amazon)
– articoli dai prezzi evidentemente gonfiati in molti casi, e come già detto con la probabilità di essere difettosi. In caso di difetto NON è possibile richiedere la sostituzione o altro (dunque non si hanno diritti!)
– Non esiste fattura o meglio tutto viene riportato a ZERO euro e da NESSUNA parte viene riportato il valore/costo originale del prodotto, ma semplicemente ZERO. Caso diverso sarebbe se venisse emessa fattura con il costo originale del prodotto e poi riportato uno sconto pari al prezzo… ma questo non avviene. Possibile che io non possa avere un documento dove è riportato il prezzo ipotetico se devo pagarci le tasse? non risulta da nessuna parte
– Noi comunque prestiamo un servizio obbligatorio per rimanere nel programma, non sono regali.
A fronte di tutto questo, come può essere pensabile di pagare le tasse in base al costo del prodotto? e in fiducia visto che non abbiamo alcun documento ove si possa verificare il costo dei prodotti ricevuti ma tutto viene fatturato a zero?
Altra domanda: se io non compilo il questionario entro fine anno, verrò estromesso dal programma… ok. Ma questo mi consentirà di essere esente da eventuali tassazioni per i prodotti ricevuti finora?
Grazie mille per il servizio offerto
Federico
Buongiorno, per rispondere all’ultima domanda che è certamente quella di maggior interesse per tutti ovvero: “Ma questo mi consentirà di essere esente da eventuali tassazioni per i prodotti ricevuti finora?”,
non è dato rispondere con certezza, perchè l’Agenzia delle Entrate non ha ancora chiarito come tali dati saranno usati. Si può ben immaginare che coloro che avranno numeri importanti in termini di valore delle transazioni saranno controllati per verificare se nascondono dei redditi al fisco. Del resto la direttiva Europea serve proprio a favorire lo scambio di informazioni tra autorità fiscali.
La ringraziamo per aver compreso che si tratta di un servizio offerto, al fine di condividere una problematica e trovarne delle soluzioni.
Grazie mille.
Riprovo a formulare meglio la prima domanda che trovo fondamentale:
A fronte di una fattura a ZERO EURO, dove ogni singola voce (oggetto in primis, ma anche spedizione, ecc. ecc.) viene segnata a zero (no sconto, ma proprio a zero dalla prima voce), è possibile pagare tasse su un oggetto valutato zero euro? e dove il documento dichiara che costa zero?
Quando sarà, l’utente finale non avrà in mano alcun documento che evidenzi il costo iniziale del prodotto ricevuto al tempo… come faccio io a verificare e in caso contestare tali dati se non esiste alcun documento? Non può essere legale questa cosa. A me sembra tutto assurdo e inapplicabile…
Grazie come sempre
Buongiorno Federico,
occorre considerare che la normativa fiscale prevede un principio base per cui l’aspetto sostanziale prevale su quello formale.
In altre parole anche se un un documento c’è scritto zero (sarebbe interessante se mi mandasse uno di questi documenti, credo si riferisca a un documento di trasporto), non vuol dire assolutamente che quel prodotto vale effettivamente zero. In assenza di documenti il valore di un bene può essere stabilito tramite la consultazione di un listino o tramite la semplice ricerca su google del prezzo di vendita di quel prodotto. Quindi è ben possibile che pur in assenza di documentazione emessa nei confronti delle così dette voci vine si ricostruisca il valore normale di tali beni.
Ricordiamo che come si determina il valore normale di un bene lo stabilisce l’articolo 9 del TUIR così come riportato in estratto di seguito: “…Per valore normale, …., si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso….”
Da quello che vedo Amazon ha lanciato da poco la campagna nuova in cui ricerca e seleziona “Amazon influencer” a cui riconoscere le commissioni sulle vendite, e chissà il programma Amazon VINE potrebbe essere abbandonato in funzione della nascita di queste nuove figure. Del resto già oggi, alcune voci vine, utilizzano i prodotti che ricevono per farne delle recensioni su Instagram, YouTube, TikTok, per monetizzare e crearsi un mercato come influencer.
Buon pomeriggio.
Non sono molto d’accordo con questa affermazione:
“Sicuramente, il valore dei beni dati ai partecipanti può essere considerato un compenso in natura. Pertanto il compenso dovrebbe essere considerato pari al valore normale dei beni da questi ricevuti. ”
In particolare “per il compenso” in natura dove sta l’azienda (c’è ed è Amazon) e dove sta il dipendente?
A mio avviso non può essere considerato compenso in natura.
Se fosse pagamento in natura significherebbe che l’azienda ti dà qualcosa sottoforma di bene materiale, ma sempre alla luce di una collaborazione lavorativa. Ad es. “ti do 1000€ e tre biglietti del valore di 300€ per andare in Grecia.” Oppure ti do 1000€ e un set di pentole in acciaio da 500€ visto che lavori in una fabbrica di pentole.
Il compenso non può essere considerato pari al valore normale dei beni poiché i beni ricevuti hanno valore zero nelle ricevute degli ordini. In più il prezzo non viene dichiarato all’atto dell’ordine (si tratta di un prodotto TEST senza il quale non sarebbe possibile redigere la recesione). È un prodotto non soggetto al codice del consumo poiché non valgono le garanzie previste dalla normativa. Se arriva guasto resta guasto. Non viene cambiato. Se si spacca non viene riparato. Se arriva già usato (capita) non può essere nuovo e valere come nuovo. Quindi è un oggetto che possiede un valore indeterminato e non determinale a posteriori.
“Ovviamente da tale compenso deve essere dedotto il valore dei beni restituiti eventualmente ad Amazon su richiesta. Oltre a discorso restituzione, bisogna valutare quale peso ha la clausola contrattuale per cui i beni ricevuti dal progetto VINE non possono essere MAI ceduti o venduti. Certamente questa clausola potrebbe portare almeno a una riconsiderazione del valore dei beni ricevuti. ”
Amazon attualmente non si riprende indietro i prodotti. Fai bene ad evidenziare l’altra considerazione importante. Se non può essere ceduto o venduto quale potrà mai essere la forma di guadagno?
Quindi si ricevono ipoteticamente 100 prodotti, molti dei quali non ancora commercializzati, il cui valore è fittizio e non viene dichiarato in fase di ordine. Invece viene deciso a posteriori. La fluttazione dei prezzi è un altro dato da considerare. Quindi come fa un utente a conoscere il valore del prodotto e restare all’interno delle regole del Dac7? Non può!
Guadagnare con i prodotti Vine è una violazione del regolamento accettato (almeno per l’Italia). Quindi prima di inviare all’AdE i valori indeterminabili dei 100 prodotti ottenuti per il test e la recensione, Amazon dovrebbe accertarsi che tali prodotti siano ancora nelle mani dell’utente Vine come previsto. Se esistono e possono essere persino restituiti non vedo come possano falsificare i corrispettivi (inventati) inviandoli arbitrariamente all’AdE.
Per chi invece li ha venduti il problema esiste. In questo caso il valore non avrà nemmeno la plusvalenza del bene poiché se nuovo, ipoteticamente, valesse 100€, usato ne vale molto meno, quindi l’utile sarebbe nettamente inferiore. Figuriamoci dopo 6 mesi e senza alcuna garanzia.
Il problema non è di poco conto e mi auguro intervengano gli organi competenti.
Grazie
Saluti
Buongiorno il compenso in natura indica una situazione in cui una parte riceve in luogo del denaro, un bene o una qualche altra utilità. Tale compenso non deve essere necessariamente riferito al rapporto di lavoro dipendente o al rapporto di lavoro autonomo.
Dire che il valore dei beni è indeterminabile è errato oltre che non realistico: tutti i beni hanno un valore medio di mercato reperibile con una semplice ricerca sul web. La cosa assurda di questa situazione che probabilmente non saranno riferiti valori medi di mercato, ma semplicemente il valore che risultava ad Amazon all’epoca.
Ora essendo realisti, certamente rivendersi i beni ricevuti da Amazon è una violazione delle norme, è anche vero che se ricevo anche solo 2 oggetti al mese, in un anno mi ritrovo con 100 oggetti in casa, che realisticamente o li ho buttati o li ho rivenduti…a meno di acquistare una casa più grande.
Concordo che il legislatore dovrebbe intervenire, ma forse è meglio così che non intervenga e ciascuno possa trovare le proprie strategie.
“Concordo che il legislatore dovrebbe intervenire, ma forse è meglio così che non intervenga e ciascuno possa trovare le proprie strategie.”
Ma quali strategie? cioè ognuno dovrebbe inventarsi qualcosa di diverso? Mi sembra un consiglio campato per aria, sicuramente non degno di un legale fiscale. Se la legge dice A mi attengo a questa legge e non invento la mia strategia!
Un avvocato SERIO legge quelle 10 righe che ci hanno fatto accettare per entrare nel progetto VINE. poi legge la normativa DAC 7 e trova la risposta sicura e certa!
Ma parliamo di un avvocato PROFESSIONISTA, SERIO e COMPETENTE.
Ringrazio Peppino,
per il commento pacato e soprattutto molto intelligente.
Il problema è il vuoto normativo GRANDE come una casa. Probabilmente Amazon ha già chiesto alle istituzioni dei pareri prima di pubblicare il nuovo regolamento.
Il Dac7 nasce per i venditori, che siano beni o servizi, ma venditori. Prestazioni dietro corrispettivo. Un prodotto test non potrà mai essere considerato un corrispettivo. Il problema sta tutto nell’interpretazione di Amazon della Dac7 che tra l’altro mi sembra scritta da chi non conosce l’italiano. Ci sono delle subordinate che possono avere un significato doppio. Non si capisce se sia voluto, questo doppio significato, oppure sia frutto di estrema ignoranza. Quando si scrive una normativa si dovrebbero utilizzare frasi semplici. Usare i punti. Fare le liste di cosa si può fare e cosa non si può fare. Tutto ciò però comporterebbe una maggior comprensione delle regole, che non è apprezzata e nemmeno voluta. L’incertezza è fondamentale quando si parla di fisco e leggi. Perché l’incertezza permette, ai più accorti, di muoversi borderline.
Buongiorno, certamente Amazon interpreta la normativa nel modo più prudente per non incorrere in sanzioni.
C’è da dire che la lettura attenta della norma europea prevede definizioni molto ampie, e quindi comprensibile che all’interno siano stati ricompresi anche i partecipanti al programma VINE. Questo perché la normativa europea parla di soggetti, che tramite piattaforma erogano prodotti e servizi. Ed ecco che al suo interno sono state individuate delle categorie di attività da comunicare che sono:
“Attività Pertinente”: un’attività svolta al fine di percepire un Corrispettivo e che rientra in una delle attività elencate di seguito:
a) la locazione di beni immobili, compresi gli immobili residenziali e commerciali, nonché qualsiasi altro bene immobile e spazio di parcheggio;
b) i Servizi Personali;
c) la vendita di Beni;
d) il noleggio di qualsiasi mezzo di trasporto.
L’attività svolta da coloro che realizzano le recensioni sono state individuate nella voce Servizi Personali.
In relazione alla definizione di “venditore”, attenzione perché per la normativa europea il venditore non è altro che ““Venditore”: un utente della Piattaforma, sia esso una persona fisica o un’Entità, che è registrato sulla Piattaforma in qualsiasi momento nel Periodo Oggetto di Comunicazione e svolge un’Attività Pertinente.
In definitiva, seppure ci sono dei dubbi riguardo il fatto che coloro che fanno recensioni, debbano far parte di questa comunicazione, rimane il fatto che la direttiva con le sue definizioni molto ampie ha fatto si che venissero ricompresi anche coloro che non sono nel termine comune dei veri venditori, cioè persone iscritte ad Amazon per vendere i loro prodotti.
per quanto riguarda Amazon Vine mi chiedo:
Siccome nessuno ha firmato alcun contratto, se il fisco mi richiede una tassazione e io non pago, anzi, faccio causa ad amazon, che cosa ho in mano per poter vincere la causa e non pagare il fisco? nello specifico, un avvocato, su cosa può fare leva?
grazie.
Premesso che qui trattiamo solo di fiscalità e non di controversie legali per le quali abbiamo un servizio ad hoc.
Tuttavia è bene sapere che non è necessario firmare nulla per poter stabilire che esiste un legame contrattuale tra due persone. Poichè l’esistenza di un contratto può essere provata dalle ricevute dei beni che le hanno inviato e dalle recensioni che ha fatto. A parte quello Amazon molto probabilmente avrà la traccia software del suo clic su si.
perciò un click sul SI permette ad Amazon di far lavorare le persone in nero senza contratto firmato pagandole in beni di cui nessuno inizialmente conosce il valore reale e la colpa ricade su chi ha fatto il click sul SI. Ho capito bene?
Buongiorno,
Non ha compreso che non è questione di fare clic su “SI”. E’ questione che se ci sono prodotti spediti e recensioni fatte…con queste due cose è provato che esisteva un contratto accettato tra voce Vine e recensore. Per non parlare del fatto che esiste traccia informatica del fatto che sia stata inviata una mail in cui si chiede di partecipare a un progetto, esiste una traccia informatica del “SI” apposto…tutte queste cose messe insieme dimostrano che esiste un contratto e molto probabilmente è facile dimostrare cosa c’è scritto in quel contratto.
Una volta appurato che esiste un contratto ed esiste un accordo, ciascuno delle parti del contratto assume le conseguenze di quel comportamento.
Buongiorno.
Hai fatto bene a riportare un estratto del testo della Dac7. Andrebbe però definito che cosa è un servizio personale secondo la normativa. Lo incollo qui di seguito:
Servizio Personale”: un servizio basato sulla durata o sull’esecuzione di compiti da parte di una o più persone, che operano in modo indipendente o per conto di un’Entità, e che viene svolto su richiesta di un utente, online o fisicamente offline dopo essere stato facilitato da una Piattaforma
La parte finale è quella che non corrisponde all’attività Vine.
Nell’ipotesi in cui, per qualche strana magia del fisco Vine dovesse rientrare, allora sorgerebbe un altro problema. Quello dell’attività non più occasionale. Mi spiego. Se Amazon propone la partecipazione senza vincoli poiché gratuita e senza ricevere alcun pagamento (specificato più volte nel regolamento Vine) significa che non lo considera un lavoro. Se invece dovesse configurarsi come servizio ai clienti (che non è poiché non esiste alcun rapporto tra cliente e recensore), nei soggetti senza PIVA assumerebbe la connotazione di lavoro non più occasionale. I 100 prodotti ogni sei mesi non sono “occasionali”. Perciò Amazon potrebbe anche dover rispondere all’INPS, al quale sarebbe opportuno chiedere spiegazioni. Conviene più a loro evitare che scoppi il bubbone, perché partirebbero, comunque, parecchie segnalazioni alle associazioni di categoria ed eventualmente anche citazioni in tribunale. Leggendo i regolamenti e vedendo quello che sta succedendo non è escluso riuscire ad imbastire le basi per una causa solida.
Per capire il mio discorso basta rispondere a questa domanda: nell’ipotesi in cui i prodotti test fossero considerati un corrispettivo, può un soggetto senza partita iva erogare un servizio professionale, strutturato e continuativo grazie all’ausilio di una piattaforma?
Il guadagno di Vine deriva dagli importi che i seller e i vendor pagano per promuovere i loro prodotti. Quindi pagano e in più mettono a disposizione i loro prodotti. Amazon quindi grazie all’attività dei Viner ha guadagnato e sta guadagnando somme di denaro. Il Viner in ultima analisi potrebbe persino configurarsi come una nuova forma di lavoratore non lavoratore. La sua attività produce utili all’azienda senza che gli venga riconosciuta alcuna forma tutela previdenziale.
…
Potresti darmi una definizione di corrispettivo?
Buongiorno,
le definizioni sono indicate nella norma. Inutile farla tanto complicata:
1 chi riceve i beni ne ha un’utilità che è tutta da quantificare e per la quale non paga imposte.
2 in cambio eroga una prestazione, peraltro con certi vincoli in termini di quantità delle recensioni e tempistiche.
E’ evidente quindi che si tratta di un contratto esistente nel quale ciascuna delle parti riceve una utilità.
Siccome la normativa fiscale, ha una norma di chiusura, in cui rientrano tutte le categorie reddituali non previste, che è i redditi diversi.
Cosa sono i redditi diversi, sono i redditi non classificabili come lavoro dipendente, autonomo etc….tra cui ad esempio potrebbe esserci i redditi derivanti dall’assunzione di “obblighi di fare, non fare e permettere”.
Vero è che si potrebbe delineare addirittura un inquadramento come attività con iva, ma per farlo bisogna guardare al caso concreto di ciascuno ed è comunque una ipotesi molto residuale per molti motivi e che in ipotesi remota potrebbe generare altre conseguenze quali inps etc. etc….qui però poi si finisce nella fantascienza anche un pò catastrofica.
Ci sono due aspetti. Il fisco e Amazon.
Se il fisco decidesse che i prodotti test rientrano in una forma di pagamento chiederebbe conto delle imposte non pagate. Potrebbe richiedere di applicare le aliquote irpef al valore mediano dei prodotti dichiarati da Amazon, oppure richiedere il versamento dell’iva nell’ipotesi in cui siano considerati pagamenti in natura con rivalsa d’iva sul cliente. Perché l’iva su quei prodotti (se fossero pagamenti in natura), qualcuno ce la deve pagare. Le ricevute Vine avendo valore 0€ lasciano intendere che non ci sia rivalsa d’iva. Però tutto potrebbe cambiare.Amazon potrebbe fare un’autofattura oppure dichiarare “cessione gratuita senza rivalsa ai sensi dell’art. 18 del D.P.R. 633/1972”.
L’altro aspetto è il tribunale civile dove l’utente Vine potrebbe, dimostrato il danno ricevuto o la violazione dei termini contrattuali (se ci sono stati), portare in causa Amazon Italia (il foro di competenza è Milano). Se l’importo è contenuto anche un giudice di pace. Da soli è un bel peso, suddiviso diventa più accessibile. Sarebbe il caso di parlarne anche con le associazioni di categoria qualora l’attività del Viner dovesse configurarsi come un “lavoro” non occasionale. Amazon può dire quello che vuole nei suoi contratti, ma la legge prevale sempre anche sui contratti con clausole capestre.
Buonasera, ho provato a postare alcuni commenti di risposta anche per l’utente Santo, ma non vengono visualizzati. C’è qualche problema? Grazie
Buongiorno, cerco di sintetizzare il commento che non è stato pubblicato.
Per l’appunto: “in luogo del denaro” ha scritto sopra. La partecipazione, per definizione espressa sul portale, dice testuali parole: “Le Voci Vine sono ACQUIRENTI come te e non vengono PAGATE”.
Quindi se non è dovuto un pagamento non è possibile considerare compenso in natura la merce ricevuta e da testare. Compenso in natura equivale a pagamento in natura, ma se le Voci non vengono pagate, non può esserci nemmeno compenso in natura. È sottile, ma non riesco a leggere altri significati della lingua italiana.
Riguardo al valore del bene consideri che il Viner vede a zero il valore poiché, come scritto nel regolamento, i beni spesso non sono ancora stati immessi nel mercato. Alcuni hanno valori doppi del mercato medio al momento dell’ordine che per i Viners resta fisso a 0€. Solo nella pagina prodotto si può trovare un valore stimato. Le ricevute parlano chiaro. Iva a 0€. Nessuna rivalsa d’iva. Il prezzo reale spesso segue l’orientamento delle opinioni dei Viners stessi che valutano un prodotto da 100€ indicando un prezzo esagerato, consigliando un valore di mercato di 50€. Il prezzo quindi viene molto spesso allineato successivamente.
Saluti
Ai fini dell’identificazione del valore imponibile, sarebbe fondamentale che Amazon dichiarasse il valore del bene nel modulo di richiesta dell’articolo per gli aderenti al programma Vine. Inoltre Amazon dovrebbe pure condividere con ogni singolo aderente la comunicazione che effettua all’Agenzia delle Entrate col modulo DAC 7, in modo da fornire la possibilità di versare delle imposte (se dovute). I vincoli previsti dal programma, che escludono la possibilità di cedere l’oggetto, a mio parere riducono enormemente il valore dell’oggetto, in quanto alla fine si possiede non la piena proprietà, ma solo la possibilità di utilizzarlo, senza neppure le coperture fornite dalla garanzia. Quindi fatto 100 il costo di acquisto, l’oggetto ricevuto con programma Vine non vale più di 30 o 40. Inoltre dovrebbe essere dato modo agli aderenti di autocertificare la distruzione di oggetti non utili o non funzionanti, in modo da escludere il pagamento delle imposte su questi oggetti. Ho presentato un interpello all’Agenzia delle Entrate per chiarire queste questioni.
Sarebbe opportuno poi sapere cosa risponde l’Agenzia delle Entrate e quale sia l’interpello! Peccato che non lo sapremo mai, visto che per rispondere prendono almeno 90 giorni.
La questione VINE è grave se la vediamo sotto alcuni aspetti.
Mancanza di COMUNICAZIONE ai partecipanti quali VOCI VINE che come detto sulla HOME PAGE appaiono come CLIENTI COME TUTTI E NON SI E’ PAGATI quindi dei prodotti TEST per i quali non si hanno Fatture nemmeno a richiederle o a costo ZERO questo appare un TRANELLO CHIARISSIMO a danno di chi ha accettato quell’invito.
Penso che AMAZON debba aprire un canale diretto di comunicazione con LE VOCI VINE e informarli passo passo, GRAVISSIMO CHE IL SUPPORTO VINE dia delle risposte COPIA INCOLLA A TUTTI senza nemmeno leggere il contenuto delle mail che racchiudono richieste importanti che vanno soddisfatte.
Il caso sarebbe USCIRE QUANTO PRIMA DA QUESTO PROGETTO IN MANCANZA DI CERTEZZE che potrebbero daneggiare pesantemente FAMIGLIE che hanno accettato un invito e si sono trovate nei casini senza fine contro il FISCO che non va a vedere chi ha ragione o a torto.
Ci sono Commercialisti che dicono che non sono prodotti tassabili e chi dice si, chi dice che non lavori per AMAZON e che hanno Sbagliato ad inquadrarci come prestatori di opera insomma TUTTO VERGOGNOSO E MOLTO GRAVE. Invito FABIO eventualmente a trovare il modo come entrare in contatto mi interessa molto la questione dell’Interpello.
Abbiamo verificato che si tratta di una pec inviata all’Agenzia delle Entrate per chiedere se e come venga trattato fiscalmente l’adesione al programma VINE.
Per la tutela della privacy eventualmente se vorrà Fabio pubblicherà la risposta, che eventualmente riceverà dall’Agenzia delle Entrate.
Scusate, ma quando invece uno recensisce prodotti che ha acquistato, non svolge lo stesso tipo di attività di “servizio al pubblico”? Quindi svolge un lavoro non retribuito, anzi paga (acquistando il prodotto) per svolgerlo?
E quando su un forum fornisce spiegazioni o pareri, magari come state facendo voi, fornisce un “servizio al pubblico” e in quanto tale occorre andare a vedere cosa riceva in cambio e tassarlo?
Se io regalo gessetti a un madonnaro, nella speranza che la sua passione lo porti a disegnare qualcosa per terra, il fatto che poi lui lo faccia è una prestazione di lavoro retribuita con dei gessetti?
Il contratto di partecipazione VINE, a fine luglio esordiva con “Il programma Vine (il “Programma”) offre a clienti selezionati (definiti come “Voci Vine”) accesso senza costi ad eventi e prodotti selezionati per generare
recensioni indipendenti dei clienti su Amazon.it e siti affiliati, per dare feedback dei clienti ai fornitori dei prodotti e per aiutare a generare interesse online sul prodotto.”
Quindi a clienti selezionati (non si sa come) offriva accesso (e non cedeva) a prodotti selezionati “per generare recensioni” ecc.
Mancherebbe quindi l’obbligo di risultato e la natura del corrispettivo. Generare recensioni significa che Amazon distribuisce prodotti sperando così di ottenere recensioni.
Fosse stata una prestazione d’opera il termine sarebbe stato “in cambio della recensione”.
Questo è confermato da un passaggio successivo: “In cambio dell’opportunità di partecipare al Programma sei incoraggiato a scrivere personalmente e pubblicare recensioni indipendenti e imparziali su Amazon.it,”
SEI INCORAGGIATO; non “tenuto” o “obbligato”.
Quindi posso partecipare, fino a revisione, anche senza fare nulla. Gli oggetti ricevuti, e che non mi richiedono, li ho rubati?
Il fatto che passato un tot di tempo senza recensioni comporti la cessazione dell’account non può essere visto sotto l’ottica della prestazione di lavoro: se l’obiettivo di Amazon è incentivare la scrittura di recensioni (e non pagare tale scrittura), è libero di individuare persone più propense a fornire opinioni (che non significa cedere opinioni dietro corrispettivo).
Fra l’altro ci sono prodotti anche da 10€ o meno; se il bene fosse il corrispettivo per la recensione, conviene comprarlo.
Chi recensisce lo fa spesso per passione; se i prodotti li paga, lo fa 5-6 volte al mese. Se li può ricevere gratis seguirà più spesso la propria passione; l’interesse è di Amazon.
Sempre da contratto, i prodotti sono “messi a tua disposizione”; non ceduti.
Il bene ricevuto per la recensione non può inoltre essere considerato corrispettivo, perché se fosse tale sarebbe nella mia piena disponibilità, cosa che non avviene:
– Potrei doverlo restituire entro 6 mesi su richiesta (quindi in teoria svolgo un’attività che potrei sapere non essere retribuita, mettiamo che tutti mi chiedano indietro i prodotti). Viene a mancare la certezza del compenso a fronte della prestazione.
– Dopo 6 mesi non posso cederlo
– Non ho alcuna garanzia o tutela su di esso (quindi se si rompe, non ho nulla in mano)
– Il fatto che non se lo riprendano è semplicemente giustificato da due possibilità reali:
1) i costi di ritiro e smaltimento superano il valore del bene (quindi te lo lasciano non come compenso, ma per convenienza loro)
2) per recensire il prodotto devi utilizzarlo e questo lo rende inservibile (palloncini, bicchieri, abbigliamento, palloni, alcuni tipi di giocattoli, ecc) o da revisionare per reimmetterlo sul mercato (con ulteriori costi).
Cito da qua: https://www.amazon.it/vine/about
“Le Voci sono acquirenti come te e non vengono pagate per partecipare al programma.”
Amazon dichiara che chi partecipa al programma non è pagato. Quindi quale retribuzione uno ha sulla quale pagare le tasse?
Sempre da quella pagina:
“Per rimanere nel programma, ci si aspetta che condividano recensioni oneste e imparziali.”
Se scrivi recensioni non hai ulteriori compensi, semplicemente perché non sei pagato (che significa, né in natura, né in altro modo).
Buongiorno,
Mi accodo solo ora, e vedendo tutte le premesse e i dubbi il Vine è chiaramente un servizio che andrà a morire perchè sfido chiunque a rimanenrci all’interno.
Io sono nel programma da diversi anni, i prodotti sono innumerevoli, ma il gioco non ne vale la pena.
A volte, anzi spesso, si ricevono prodotti tecnologici di valore rilevante che nemmeno funzionano, che in questo momento sono abbandonati nel box o addirittura gettati in discarica, ad esempio delle costosissime telecamere di sorveglianza di un noto marchio…
Secondo me però la questione cruciale per i membri Vine antecedenti al 2023 è un altra, e vorrei capire se ho interpretato bene le note divulgate da Amazon nei giorni scorsi:
“Per il 2023 Amazon è tenuta a comunicare solo le informazioni dei membri di Voce Vine UE che hanno aderito al programma nel corso del 2023; tuttavia, a partire dal 2024, dovrà comunicare le informazioni di tutti i membri Voce Vine UE, indipendentemente dal momento in cui hanno aderito al programma”.
Ho condiviso tutto con il mio commercialista essendo nel programma da diversi anni, il quale mi ha detto di stare tranquillo e mi ha consigliato di non compilare nulla e aspettare che amazon mi butti fuori in modo che non condivida i miei dati, oppure al massimo lasciare direttamente il programma.
Solo che è meglio condividere il parere con più persone.
Ad ogni modo dal mio punto di vista è un programma che non ha senso di esistere se si devono pagare delle tasse, poche o tante che siano visti i vari motivi.