L’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) è uno dei meccanismi fiscali più comuni in Europa, eppure capita spesso che i suoi effetti vengano fraintesi. Immaginiamo il caso di un imprenditore che, soddisfatto, racconta a colleghi e amici di quanto sia vantaggioso per lui applicare ai clienti un’IVA ridotta al 10%, mentre sui suoi acquisti subisce un’IVA del 22%. Questo imprenditore, forse inconsapevole, pensa di essere avvantaggiato, ma vediamo perché, in realtà, dovrebbe essere meno entusiasta.
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Come funziona il meccanismo dell’IVA?
L’IVA è una tassa che viene applicata sul valore aggiunto lungo la catena produttiva e commerciale. Ogni impresa paga l’IVA sui propri acquisti (IVA sugli acquisti, o “IVA a credito”) e addebita l’IVA sulle proprie vendite (IVA sulle vendite, o “IVA a debito”). La differenza tra l’IVA a debito e quella a credito viene versata allo Stato (se l’IVA a debito è maggiore dell’IVA a credito) oppure rimborsata dall’erario (se l’IVA a credito è maggiore).
Facciamo un esempio:
- L’imprenditore acquista beni per 100€ + 22% IVA (22€ di IVA a credito).
- Successivamente, rivende quei beni ai clienti per 150€ + 10% IVA (15€ di IVA a debito).
In questa situazione, l’imprenditore dovrà sottrarre l’IVA a credito (22€) dall’IVA a debito (15€). Risultato? L’imprenditore si troverà con un credito di 7€ verso lo Stato, che potrà recuperare in futuro o compensare con altre imposte.
Il fraintendimento comune
Perché l’imprenditore del nostro esempio pensa di essere in una posizione favorevole? Probabilmente è convinto che applicare un’aliquota IVA inferiore ai clienti gli permetta di ridurre i prezzi o di attrarre più clienti, mantenendo al contempo un “guadagno” sull’IVA pagata sugli acquisti al 22%. Questo ragionamento, tuttavia, è fallace, e vediamo perché.
- L’IVA non è un costo per l’impresa: l’IVA pagata sugli acquisti (22%) può essere completamente recuperata attraverso il meccanismo dell’IVA a credito. L’impresa, quindi, non subisce alcun vero “costo” sull’IVA pagata, a condizione che le sue vendite generino IVA a debito da compensare.
- Applicare un’aliquota IVA ridotta non rappresenta un vantaggio per l’imprenditore: l’IVA ridotta al 10% che l’imprenditore addebita ai clienti non va nelle sue tasche, ma viene interamente versata allo Stato. L’unica differenza che questo fa è per il cliente, che paga un importo totale inferiore grazie all’aliquota ridotta. Il margine dell’imprenditore dipende dal prezzo al netto dell’IVA, non dall’aliquota applicata.
- La presenza di un credito IVA non è un vantaggio immediato: il credito di 7€ che l’imprenditore si trova a vantaggio non è un guadagno reale. Infatti, quell’importo potrà essere utilizzato solo per compensare futuri debiti IVA o altre imposte, oppure dovrà essere chiesto a rimborso, una procedura spesso lunga e burocratica. Nel frattempo, l’imprenditore deve comunque gestire il suo flusso di cassa, e non può contare su quei 7€ per pagare fornitori o stipendi.
La realtà economica
In sostanza, il nostro imprenditore dovrebbe rivedere il suo entusiasmo. L’idea di trarre beneficio da un’aliquota IVA ridotta per i clienti è una mera illusione. Il vero vantaggio economico per un’impresa si basa sulla sua capacità di creare valore aggiunto e ottenere un margine netto (al netto di IVA), non su un differenziale tra le aliquote IVA a credito e a debito.
Inoltre, se l’impresa si trova sistematicamente in una posizione di credito IVA, significa che i suoi acquisti superano le vendite in termini di IVA. Questo può indicare, ad esempio, che sta acquistando più beni di quanti riesca a vendere o che i suoi margini di vendita sono molto ridotti, entrambi segnali di una potenziale inefficienza operativa o di difficoltà nel gestire i flussi di cassa.
Conclusione
Il caso del nostro imprenditore “contento” di applicare un’IVA del 10% ai clienti mentre acquista con IVA al 22% è, in realtà, il risultato di un fraintendimento sul funzionamento dell’IVA. L’IVA non è una tassa che l’impresa paga direttamente, ma un’imposta che viene trasferita lungo la catena commerciale. Il vero focus di un imprenditore dovrebbe essere sui margini di profitto e sulla gestione efficiente del business, non sull’aliquota IVA applicata.
Sarebbe quindi utile che il nostro imprenditore rivedesse le sue priorità: l’IVA non è un guadagno, ma una partita di giro, che l’impresa incassa e versa allo Stato. Le vere sfide economiche e gestionali si trovano altrove.