La consulenza del medico che svolga attività di Consulente Tecnico d’Ufficio è certamente soggetta ad IVA, qualora resa da un professionista che eserciti privatamente la professione medica.
L’INPS quindi avendo usufruito della Consulenza Tecnica di un Medico dipendente di A.S.L. ne pretendeva che questi aprisse partita IVA perchè senza di essa non poteva procedere al saldo delle competenze.
Al quesito posto dall’INPS, L’Agenzia delle Entrate ha spiegato che non sussiste obbligo di aprire partita iva se le prestazioni vengono rese saltuariamente. E quindi che il compenso per la CTU poteva essere inquadrato come un reddito diverso ex art. 67 del TUIR. Quindi senza nessun obbligo di fatturazione elettronica. L’Agenzia ha però giustamente osservato che l’iscrizione dell’albo dei consulenti tecnici di ufficio costituisce un indizio di abitualità e non necessariamente implica l’apertura della partita iva da parte del medico.
OGGETTO: Interpello – ART. 11, legge 27 luglio 2000, n.212.
Fatturazione e regime fiscale dei compensi da versare ai medici, dipendenti in rapporto esclusivo, che svolgono attività di consulente tecnico d’ufficio (CTU), artt. 1, comma 209, della L. n. 244 del 2007 e 50 e ss. del TUIR
Con l’interpello specificato in oggetto, concernente l’interpretazione dell’art. 1, comma 209, della L. n. 244 del 2007, è stato posto il seguente
QUESITO
L’istituto Nazionale Previdenza Sociale, “INPS” (di seguito anche “l’istante” o “l’istituto”), chiede di conoscere quale sia il regime fiscale da applicare ai compensi che devono essere versati ad un professionista, nella specie medico geriatra alle dipendenze di una Azienda Sanitaria Locale (ASL), il quale ha svolto l’attività di consulente tecnico d’ufficio (CTU) nel corso di un giudizio avanti il Tribunale di …
In particolare, l’istituto domanda se i compensi vadano assoggettati ad imposta sul valore aggiunto (IVA), con eventuale fattura elettronica e quali redditi producano.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L’INPS è dell’avviso che il medico non presti servizio occasionale, essendo iscritto negli albi di CTU e Periti presso il Tribunale, rendendo, quindi, prestazioni con tendenziale carattere di periodicità e abitualità. L’INPS rileva, altresì, la sua impossibilità a pagare i corrispettivi in assenza di una fattura elettronica.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
In primo luogo, occorre rammentare che con propria nota prot. n. 124721 del 2 ottobre 2014…omissis…, la scrivente ha già evidenziato che la disciplina in materia di fattura elettronica – secondo le modifiche recate al D.P.R. n. 633 del 1972 dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012) – non ha creato una categoria sostanziale nuova o diversa dalla fattura “ordinaria”, con la conseguenza che, pur nel limite della compatibilità con gli elementi che la caratterizzano, continuano a trovare applicazione tutti i chiarimenti già in precedenza emanati in riferimento generale alla fatturazione, nonché le deroghe previste da specifiche disposizioni normative di settore.
Tale indicazione è, altresì, valida nell’ambito delle forniture di beni e servizi nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, laddove, dal 31 marzo 2015, la fatturazione elettronica è l’unica modalità di certificazione dei corrispettivi ammessa (cfr. il D.M. n. 55 del 2013, recante “regolamento in materia di emissione, trasmissione e ricevimento della fattura elettronica da applicarsi alle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 1, commi da 209 a 213, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”, nonché il successivo D.L. n. 66 del 2014, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della L. 23 giugno 2014, n. 89).
Va notato, infatti, che sebbene abbiano previsto una modalità obbligatoria di fatturazione, le disposizioni emanate non hanno introdotto, per quanto qui interessa, nuove ipotesi di operazioni soggette ad obbligo di fatturazione ex articolo 21 del D.P.R. n. 633 del 1972, né abrogato le disposizioni previgenti che già consentivano forme alternative di documentazione delle operazioni imponibili.
In altre parole, regola cardine del sistema è quella che impone di verificare se un’operazione sia rilevante ai fini dell’IVA (soggettivamente ed oggettivamente) e, in caso affermativo, considerare la natura del committente/cessionario: solo qualora egli sia uno dei soggetti legislativamente individuati come “pubblica amministrazione” (cfr., da ultimo, la circolare n. 1/DF del 9 marzo 2015) sarà
necessario procedere alla fatturazione elettronica, salve le ipotesi in cui forme alternative di documentazione siano legislativamente previste.
Venendo al caso rappresentato, in precedenti documenti di prassi (cfr., in specie, la risoluzione n. 42/E del 2007), si è chiarito che per i medici, dipendenti in rapporto esclusivo, autorizzati ad espletare la consulenza medico-legale a titolo personale al di fuori dell’attività intramuraria, occorre distinguere due eventualità:
- a) quella in cui le prestazioni medico-legali siano rese all’Autorità giudiziaria, nell’ambito del procedimento penale;
- b) quella in cui tali prestazioni siano rese nel quadro di un giudizio civile o eseguite per finalità assicurative, amministrative e simili.
Nel primo caso (giudizio penale), l’attività di consulenza prestata costituisce esercizio di pubblica funzione.
Il trattamento fiscale dei relativi compensi va, quindi, determinato ex articolo 50, comma 1, lettera f), del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR).
Siamo di fronte, pertanto, a compensi rientranti tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i quali, tuttavia, in base alla stessa disposizione, perdono tale qualificazione per essere attratti nella categoria reddituale propria del soggetto esercente la pubblica funzione, nell’ipotesi in cui questi svolga attività di lavoro autonomo o di impresa.
Le attività che costituiscono pubbliche funzioni, secondo la previsione del richiamato articolo 50, lettera f), infatti, non sono di per sé idonee a configurare il presupposto soggettivo ai fini IVA, in quanto possono essere ricondotte all’esercizio di attività professionali o all’esercizio d’impresa solo se poste in essere da soggetti che svolgono altre attività di lavoro autonomo o d’impresa.
In tale ultima ipotesi, l’attività di consulenza tecnica d’ufficio nell’ambito di un giudizio penale assume rilievo anche ai fini IVA, con la conseguenza che la prestazione è assoggettata al tributo e deve essere documentata con fattura elettronica.
Quanto alla fattispecie prima richiamata sub b) – prestazioni rese nell’ambito di un giudizio civile o eseguite per finalità assicurative, amministrative e simili – se l’attività di consulenza è svolta con carattere di abitualità da parte del professionista, il relativo reddito dovrà essere assoggettato al regime proprio del reddito di lavoro autonomo, di cui all’articolo 53 del TUIR.
Ne deriva l’applicabilità della disciplina prevista per i redditi di natura professionale dell’articolo 54 del TUIR che implica, sotto il profilo dell’imposta sul valore aggiunto, non solo il necessario possesso (o apertura) della partita IVA, ma anche l’obbligo di fatturazione elettronica (laddove chi eroga i compensi abbia la qualifica soggettiva indicata nella citata circolare n. 1/DF del 2015).
Qualora, invece, l’attività di consulenza medico-legale sia prestata in maniera occasionale, i relativi onorari vanno qualificati come redditi diversi – ex articolo 67, comma 1, lettera l), del TUIR – poiché trattasi di compensi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente.
In quest’ultima eventualità, atteso l’esercizio non abituale, le operazioni restano escluse dal campo di applicazione dell’IVA per carenza del presupposto soggettivo previsto dall’articolo 5 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Ne deriva che il medico dipendente, in rapporto esclusivo, dell’azienda sanitaria, qualora effettui solo in via occasionale prestazioni medico-legali, non è obbligato all’apertura della partita IVA né all’emissione di fattura elettronica.
In questo senso, fermo restando che la valutazione dell’occasionalità, da effettuare caso per caso, esula da quelle esperibili in tale sede – né sarebbe comunque possibile, stante l’omessa indicazione nell’istanza presentata di specifici riferimenti in merito – giova ricordare che l’iscrizione volontaria in apposito albo professionale può costituire indizio di abitualità: «l’abitualità dell’esercizio professionale, non identificabile con la sua esclusività (come espressamente ribadisce il citato art. 5), è insita nella volontaria iscrizione del professionista nell’albo dei consulenti tecnici, costituente titolo per l’affidamento di compiti in modo ricorrente, secondo criteri di rotazione, non in via meramente occasionale o saltuaria» (così Cass. Civ. n. 2297 del 27 marzo 1987).
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…omissis