Sono molto diffuse le pubblicità delle varie società che offrono alle aziende servizi di “buoni pasto” per i titolari e dipendenti delle aziende. L’argomentazione principale utilizzata da queste pubblicità è quella delle deducibilità fiscale delle spese effettuate utilizzando buoni pasto, anche nel caso in cui tali buoni pasto vengono utilizzati per spese che non hanno nulla a che vedere con l’azienda, ad esempio: la spesa per la nonna, o la spesa per il cenone di capodanno. Ovviamente la comunicazione pubblicitaria, almeno per quella delle grandi aziende, si guarda bene dal dire esplicitamente quanto sopra, ma di fatto è ciò che lasciano intendere. Se non sei un commercialista, non hai gli strumenti per difenderti da una pubblicità, che sbandiera la deduzione al 100% dei costi!

E’ vero che i buoni pasto fanno risparmiare imposte?

La risposta è no! Non è vero che i buoni pasto fanno risparmiare imposte. La motivazione è molto semplice: i buoni pasto non sono altro che uno strumento di pagamento delle prestazioni. In buona sostanza quando un dipendente va a pranzo al bar o al ristorante, può utilizzare per pagare denaro, bancomat oppure, se accettato dal locale, i buoni pasto. Indipendentemente dal metodo di pagamento la spesa sarà deducibile in ogni caso, se rientra tra le spese che il testo unico delle imposte considera deducibili. Si consideri infatti che i buoni pasto, tempo fa, venivano utilizzati anche per pagare prodotti non commestibili, tipo detersivi o altro, questo perché di fatto non sono altro che una modalità di pagamento, che può o non può essere accettata.

Quindi i buoni pasto sono inutili?

I buoni pasto non sono quindi uno strumento di pianificazione fiscale, ma sono tutt’altra cosa. Possono essere uno strumento per effettuare un “fine-tuning” vale a dire una regolazione fine della retribuzione dei dipendenti, facendo in modo di mettere a carico dell’azienda, il costo del pranzo del dipendente, ovviamente tenendo conto dei limiti che il testo unico delle imposte prevede, in fatto di deduzione della spesa. Nella realtà dei fatti quindi i buoni pasto, così come le disposizioni previste dal welfare aziendale, possono essere utilizzati come strumento di miglior gestione del rapporto tra titolari e dipendenti, consentendo di remunerare il dipendente nel modo che si ritiene opportuno senza che l’azienda debba aggravare qualsiasi rimborso al dipendente di contributi e imposte.

Commercialisti che fanno la pubblicità sostengono che si fa pianificazione fiscale!

Si è vero, se hai visto delle pubblicità online, ci sono dei dottori commercialisti che parlano di pianificazione fiscale, e dicono che con i buoni pasto posso risparmiare imposte e rendere felici i miei dipendenti. La professione del dottore commercialista si sta evolvendo e sta prendendo contatto con il mondo dei sociale e della pubblicità commerciale. Capita dunque che come ci sono dentisti che pubblicizzano il miglior dentifricio, esistono da poco, commercialisti che pubblicizzano servizi diversi. Ci sono commercialisti che pubblicizzano buoni pasto, altri che pubblicizzano i POS, ed altri che pubblicizzano conti correnti e assicurazioni. Sebbene sulla carta questo tipo di operazioni non dovrebbe essere consentito, possiamo ben comprendere che il guadagno venga messo al primo posto.

Come per qualsiasi pubblicità, occorre guardarle con spirito critico e valutare se il prodotto o servizio che si propone possa fare al caso nostro oppure no.

Autore: Angelo Martello – Dottore Commercialista